
Apprendiamo che in data 7 luglio u.s. la Commissione europea, Direzione mercato interno ha inviato al Governo italiano una lettera di contestazione dei contenuti dello schema di decreto ministeriale ritenendolo non conforme all’impegno che sarebbe stato assunto con l’emanazione del suddetto D.L. 131/2024 (art. 1 contenente le modifiche all’art. 4 della legge 118/2022 emanata dal precedente Governo).
Le contestazioni mosse dalla Commissione sono contraddittorie, infondate e per certi aspetti persino sconcertanti.
Contraddittorie perché la Commissione rivendica un accordo con l'attuale Governo che ha portato al varo della legge 131/2024.
Orbene o il decreto ministeriale è conforme alla legge e quindi la Commissione ha concordato una norma che adesso disconosce.
Oppure è difforme per cui il decreto ministeriale sarebbe del tutto illegittimo, inapplicabile per cui la Commissione europea non ha nulla da temere dal suo varo.
Le contestazioni sono comunque immotivate perché lo schema di decreto ministeriale è perfettamente conforme alla legge 131/2024 la quale, infatti, non prevede le limitazioni che la Commissione invoca nella determinazione dell'indennizzo.
Sconcerta poi che siffatta richiesta viene fatta dalla Commissione sulla nuova legge varata da questo Governo nel mentre nulla era stato contestato alla norma previgente (art. 4 originario ex lege 118/2022 che prevedeva espressamente che nella determinazione dell’indennizzo si doveva dare “adeguata considerazione degli investimenti, del valore aziendale dell'impresa e dei beni materiali e immateriali” (art. 4, comma 2 lett. c).
L’esclusione di ogni serio indennizzo così come, di fatto chiesto dalla Commissione europea, determinerebbe una palese ingiustizia penalizzando i concessionari italiani che hanno avuto il solo torto di aver creduto nelle leggi dello Stato che garantivano la continuità aziendale.
Un vantaggio, questo sì, per i concorrenti che godrebbero in tal modo di un indebito arricchimento in danno degli attuali concessionari ai quali sarebbero confiscate, senza alcun serio ristoro, aziende anche di grande valore economico.
A tal proposito si sottolinea che la Direttiva cd Bolkestein prevede espressamente che gli Stati membri possano tener conto “nello stabilire le procedure di selezione di considerazioni di salute pubblica, di obbiettivi di politica sociale della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti ed autonomi, della protezione dell’ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di altri motivi imperativi di interesse generale” (art. 12 paraf. 3) come la tutela della proprietà aziendale o il legittimo affidamento dei concessionari attualmente operanti.
Ci auguriamo che il Governo, rivendichi questa discrezionalità prevista dalla Direttiva (e che la Commissione europea si guarda bene dall'indicare!) salvaguardando la balneazione attrezzata italiana che, si ricorda, costituisce un elemento di vantaggio competitivo del Paese nel mercato internazionale delle vacanze.